L'arrivo, Vlad

Uscii dal lavoro e mi infilai in metropolitana, avevo voglia di fare una passeggiata.
Scesi poco lontano dal parco che raggiunsi a piedi, varcai il cancello e mi guardai intorno, era tardi ma c'era ancora molta gente in giro.
Mi avvicinai al fiume e cercai con lo sguardo una panchina libera. Non ne trovai.
Mi sdraiai a terra e guardai il cielo ormai scuro, poi chiusi gli occhi e mi abbandonai al fruscio del vento.

Aprii gli occhi di scatto e vidi un uomo sulla quarantina, non mi diceva niente di buono, non ricambiai il saluto: -Cosa vuole?- chiesi.
Mi sollevai da terra senza staccargli gli occhi di dosso, non mi convinceva la sua espressione, nè il fatto che avesse puntato proprio me, quando al parco di gente ce n'era parecchia.
Continuai a fissarlo negli occhi mentre aspettavo una risposta, mentre nella mia testa c'era spazio per una sola parola:
Malvagità.

Feci un passo indietro, era un vampiro, rimasi quasi pietrificata.
-Io...- Il cuore mi batteva a mille, non sapevo che fare, avrei voluto non essere lì, d'un tratto sentii una senzazione di tranquillità che mi confuse, vidi un ragazzo che guardava nella mia direzione con una strana espressione di stupore dipinta in faccia.
Portai una mano davanti al viso, potevo vederci tranquillamente attraverso.
Capii cos'era successo e quasi non ci credevo, ero diventata invisibile, avevo letto su un libro di leggende che alcune creature potevano farlo, l'ultima cosa che mi sarei aspettata era di essere una di loro...

Ora avevo capito tutto, come un lampo mi raggiunse la consapevolezza di essere un angelo.
Rimanendo invisibile riuscii ad aprire le ali, piccai il volo rimanendo a bassa quota essendo ancora inesperta e raggiunsi in fretta il vampiro.
-Fermo!- urlai, pur sapendo di non avere l'aria per niente aggressiva, nè tantomeno decisa. Era come se non potessi reagire all'impulso di aiutare quel ragazzo.

Riaprii gli occhi dopo un tempo che non riuscii a definire con esattezza, non doveva essere passato molto.
Mi alzai e portai una mano al viso, sanguinavo, doveva avermi rotto il naso.
Mi avvicinai un po' barcollante al ragazzo e mi chinai sul suo corpo, una goccia del mio sangue scivolò su di lui mescolandosi a quello che aveva già sulla pelle, facendola cicatrizzare all'improvviso nel punto su cui cadde.
Il sangue curativo pensai, ma ormai doveva essere inutile.
Mi riaccasciai a terra qualche istante e mi rialzai sentendo più forza nelle gambe.
Spiegai ancora le ali e afferrai il corpo del ragazzo, per ora non avevo idea di cosa fare, ma volevo portarlo via da lì, spiccai il volo con fatica.